E vennero i giorni del Gufo Nero

Tratto dal libro “E vennero i giorni del Gufo Nero” di Glauco Monducci

“OPERAZIONE TOMBOLA”

Il vero mutamento lo trovo alla nostra base di Secchio: il piccolo paese, generalmente tanto calmo, ora somiglia stranamente ad un grande porto di transito: russi, inglesi, spagnoli, austriaci: uomini insomma di tutte le razze stanno conversando nell’angusta piazzetta antistante la chiesa. Ai primi di marzo è stato infatti costituito il “Battaglione Alleato” una formazione speciale in virtù di un progetto della Missione Inglese elaborato in accordo coni l Comando Alleato.

…. (omissis)…

Entrando nella casa che ospita la “Missione” del capitano Lees, mi accordo che anche qui l’atmosfera, generalmente tanto tranquilla, si è un po’ elettrizzata. Apro la porta della camera dove usualmente il capitano lavora e mi trovo di fronte ad una vera e propria riunione di guerra: oltre ai visi noti del capitano e di Kiss, vedo il comandante “Modena” ed un gruppo di ufficiali, che immagino appartenenti ai famosi baschetti amaranto.

…. (omissis)…

Si parla spesso di Albinea ed in breve capisco che l’obiettivo è il Comando tedesco situato nelle ville Rossi e Calvi, poste a 500 metri dalla località denominata “Botteghe”, sulla strada che conduce al Capriolo.

… Il capitano mi chiama perché vuole conoscere, per il pomeriggio, di quanti “Gufi” posso disporre per l’importante azione; poiché egli partirà subito dopo con Kiss ed il maggiore Farran, comandante dei Paracadutisti inglesi, allo scopo di predisporre gli accantonamenti e Montelago, prima tappa verso l’obiettivo; io, poi, con gli uomini, lo raggiungerà in quella località all’indomani.

… (omissis)…

Obiettivo dell’operazione era la distruzione dell’Ufficio Cartografico e del centralino telefonico collegato direttamente con Berlino, presso villa Calvi, e degli alloggiamenti degli ufficiali superiori della Wermacht, situati a villa Rossi, con la speranza di potervi sorprendere il generale Kesserling, che sovente vi faceva capo.

…. (omissis)…

In base a quanto riportato da Farran, il Comando Alleato, favorevole all’impresa, poco prima della sua realizzazione, gli comunicò “con un conciso messaggio” che la stessa avrebbe dovuto essere posticipata di una decina di giorni, “poiché vi era stato un cambiamento nei piani per l’offensiva princiaple”.

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Il comandante inglese, però, dato che era stato predisposto tutto fin nei minimi particolari, e soprattutto convinto che il successo di un’azione di tal genere era legato alla tempestività di esecuzione e alla sorpresa, decise, sollecitato anche dai comandanti partigiani, di fingere “di non aver ricevuto l’ordine in tempo” e di dare inizio all’operazione.

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Il mattino dopo, alle cinque, orario stabilito per la partenza, trovo sulla piazzetta del paese i “Gufi” già pronti, allegri più che mai; ad essi si sono uniti anche i Garibaldini di “Antonio” (Nello Mattioli).

A Montelago, luogo dell’appuntamento, troveremo pure i Russi di “Modena”; i paracadutisti inglesi e i Garibaldini della 24^ Brigata al Comando di “Gianni”.

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Verso le diciassette e trenta arrivano anche i Russi di “Modena ed i paracadutisti inglesi; ora lo spettacolo è più completo: gli uomini di più nazioni, uniti nella lotta contro il comune nemico nazifascista, sono rappresentati, ed è bello ammirare nel volto di questi ragazzi la gioia per la prossima azione, per l’unico ideale per cui ora si trovano affratellati: la Vittoria!

Ma un suono strano, come proveniente dall’al di là, ci scuote all’improvviso; non riusciamo a capire da quale strumento possa uscire una melodia così dolce e nello stesso tempo così strana; ma ecco che all’uscita della curva della strada che conduce a Montelago, vediamo in testa ai Baschetti amaranto, uno di quei famosi scozzesi in kilt, che sta soffiando a pieni polmoni nella caratteristica cornamusa. Incuriosito chiedo a Less chi è, e vengo così a conoscere che si chiama Kirckpatrick.

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Studiamo attentamente sulle carte geografiche l’itinerario e prendiamo nota dell’ordine di marcia che è stato così fissato: in testa il maggiore Farran e due paracadutisti; seguono, poi, una squadra degli stessi; indi i russi con “Modena”; successivamente io coi miei “Gufi neri”, i Garibaldini di “Gianni” e di “Antonio”. Chiude la marcia il capitano Lees con i Russi aggregati alla squadra del “Gufo Nero”.

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La mattina del 26, quando ci svegliamo, ci accorgiamo che il “Lupo” è avvolto da un denso mare di nebbia e di lì a poco incomincia a cadere una pioggerella che penetra giù giù, fin nelle ossa.

Siamo veramente fortunati: anche la natura è con noi: la nebbia ci favorirà moltissimo permettendoci di avvicinarci all’obiettivo senza destare alcun sospetto e con minor pericolo di essere individuati assai prima di entrare in azione.

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Il piano d’attacco è così congegnato: dieci paracadutisti inglesi e i Garibaldini di “Gianni” e “Antonio” attaccheranno Villa Calvi, sede dello Stato Maggiore e dell’Istituto Cartografico del Comando Tedesco, dieci paracadutisti ed i Gufi neri, al comando del capitano Lees attaccheranno Villa Rossi, sede degli Ufficiali Superiori del Comando; i russi di “Modena” si schiereranno tra le due Ville a ferro di Cavallo per impedire ai rinforzi tedeschi di sorprenderci dentro le stesse.

………….

Il bosco che dobbiamo raggiungere, prima di scattare all’attacco, si delinea davanti a noi. Corriamo velocemente verso di esso e di sediamo a terra; ora distinguiamo nettamente villa Calvi e Villa Viani …. Villa Rossi non possiamo ancora vederla perché per raggiungerla, dobbiamo salire percorrendo il sentiero che abbiamo dinanzi a noi e che immette sulla strada Botteghe di Albinea-Capriolo. Sono le una e trenta quando il primo gruppo che deve puntare su villa Calvi parte all’attacco.

Proprio nell’istante in cui incominciamo a strisciare su per il viottolo che ci porterà a villa Rossi, un colpo di ta-pum rompe il silenzio della notte, e subito un uragano di fuoco si apre sopra di noi da tutte le direzioni.

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“Avanti Gufo Nero” urla il capitano Lees, ed io, immediatamente ripeto il suo urlo. …. A trenta metri, ecco la villa. Una raffica di “Bren” e un’ombra si accascia davanti al cancello; istantaneamente da tutte le parti della villa scatta la reazione tedesca con un fuoco indiavolato; sentiamo fischiare a pochi centimetri dalle nostre teste sibilanti colpi che per fortuna vanno a morire lontano.

……

Colpi e urla si susseguono con un ritmo sempre crescente; mentre avanzo verso la scala vedo un paracadutista inglese che sta scivolando lungo lo stipite della porta; è stato colpito al ventre e sta accasciandosi come una belva ferita; sto per corrergli vicino ma nello stesso istante vedo gettato fuori dalla porta un tedesco in mutande. Colui che lo sta colpendo con il pugnale è è un colosso scozzese di quasi due metri d’altezza e il “baschetto amaranto” è stato così vendicato. Due grosse porte a vetri vengono abbattute col calcio dei mitra ed intravedo appena, per un attimo, la macabra scena all’interno delle stanze: due tedeschi seminudi accasciati uno sull’altro, e, ovunque, un terribile disordine: mobili accatastati, fogli e documenti un po’ dappertutto.

…..Non faccio a tempo a finire questo pensiero che vedo l’audacissimo capitano Lees, che è davanti a me, stramazzare al suolo colpito da un’altra raffica sparata da pochi metri.

“Capitano”, urlo… ma anch’io mi trovo per terra. Ho sentito un colpo tremendo alla gamba destra, come se un’accetta mi avesse improvvisamente colpito. Un attimo di svenimento per il tremendo dolore, poi mi riprendo.

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Vedo per un attimo “Pavia” e gli grido: “Sono ferito”. Nello stesso istante due tedeschi che stanno discendendo coi mitra dalle scale stramazzano al suolo colpiti in pieno dalle sue raffiche: attraverso, strisciando, il corridoio, mi rotolo giù per gli scalini; mi trascino attraverso il giardino ed ecco finalmente il cancello d’uscita; con la forza della disperazione e, sempre carponi facendo leva sui gomiti, l’oltrepasso. A sinistra c’è il fossato che delimita il parco e senza esitazione mi ci getto dentro; ora ho la netta impressione che la gamba sia attaccata solo per un lembo di carne.

Se arrivano i tedeschi di rinforzo delle varie ville come farò a nascondermi? Sono le 2,15! Forse mia mamma che, sfollata da Reggio, abita in una villa nelle vicinanze si sarà svegliata sentendo la sparatoria? Certamente non penserà che suo figlio che da più di un anno non vede è tra la vita e la morte! Ma che odo… sto forse delirando? Pare impossibile ma è il suono della cornamusa che ho già sentito a Valestra. Lo scozzese in Kilt ci ha seguiti anche nell’attacco ed ora sta correndo tra le due ville suonando e rincuorando i compagni nel combattimento. L’unica cosa che mi solelva un po’ è il terribile fragore dei colpi dei “bazooka”  sparati contro la villa Calvi e la familiare voce dei “brens” che stanno bersagliando la villa da ogni parte. Se i nostri ancora sparano posso ancora sperare. Forse qualcuno mi vedrà e potrà raccogliermi! Vedo infatti un gruppo di uomini uscire dal cancello; dalla divisa riconosco che sono paracadutisti inglesi. Purtroppo essi per il rumore dei colpi e delle esplosioni non sentono i miei richiami.

Ma ecco che uno si distacca dal gruppo e corre verso di me. Lo riconosco subito, è “Pavia”; piange commosso e giura che non mi abbandonerà a nessun costo. Corre giù per il viottolo e di lì a poco lo vedo spuntare con altri quattro uomini; i colpi sibilano nell’aria sempre più fitti; il fuoco di reazione dei tedeschi è rabbioso e aumenta continuamente di intensità. I quattro “Gufi” cercano di sollevarmi ma l’operazione è assai difficoltosa perché la gamba è completamente spezzata e ad ogni minimo movimento non riesco a trattenermi dall’urlare. Mentre mi trasportano già per il viottolo ogni tanto raffiche sibilano a noi d’intorno, e allora a terra, e con la gamba piegata sotto il peso del corpo nella caduta, mi strazia più che mai. Finalmente intravediamo una casa: forse nell’aia vi sarà una scala e così il trasporto sarà notevolmente facilitato.

Per fortuna ne vengono rintracciate due, su di una vengo deposto io, sull’altra il capitano Lees. Giunti poco lontano dalla riva destra del Crostolo, volgo gli occhi in direzione delle ville prese poco prima d’assalto e intravedo il sinistro bagliore del fuoco che illumina Villa Calvi, il cui pianterreno, già adibito a reparto cartografico, sta bruciando. L’azione è riuscita in pieno, speriamo che le nostre perdite non siano state gravi.